Dentro l’Accademia della Marina Mercantile, dove si progetta il futuro del mare: intervista alla Direttrice Paola Vidotto


Albaro è un elegante quartiere residenziale, ricco di ville ottocentesche che ricordano un tempo in cui questa era zona di villeggiatura per i nobili genovesi, prima che lo sviluppo della città la inglobasse. Passeggiando per i suoi viali alberati, è facile rendersi conto che l’età media dei residenti è alta, molto alta: non è un mistero che Genova, più che il resto d’Italia, registri tassi demografici che dovrebbero far preoccupare.
Dato il contesto, dunque, entrare a Villa Candida fa un certo effetto: nel giardino della sede dell’Accademia della Marina Mercantile vi sono decine di giovani sorridenti, che si godono la pausa di metà mattina godendosi il sole primaverile… di metà febbraio.

Si respira un’aria diversa, entusiasta. Si percepisce che questo è un luogo d’avanguardia, dove si disegna il futuro e si formano i professionisti di un settore che rappresenta la spina dorsale del commercio globale, chiave di volta per garantire la prosperità delle nostre società.
E in effetti, guardando i numeri dell’Accademia fondata nel 2005, diventata Fondazione ITS dal 2011, si ha la conferma: solo nel 2023 si sono diplomati oltre 160 Allievi, con un 97,5% di occupati, e una crescita costante delle ragazze. In un ambito tradizionalmente a egemonia maschile, la quota oggi arriva al 9,2%. Proprio da qui, non a caso, si è formata la prima direttrice di macchina in Italia, Gaia Marconcini. Il successo dell’Accademia, del resto, si deve proprio alla donna che regge il timone: Paola Vidotto, direttore generale della Fondazione.

Direttrice Vidotto, quindi è ufficiale: lascerete la sede attuale per costruire un polo della formazione marittima nel cuore della città. Villa Candida è diventata troppo piccola?

“Questa esigenza era emersa da tempo, già da prima della pandemia stavamo valutando le opzioni possibili. Con l’arrivo del covid ci siamo fatti trovare pronti e abbiamo messo a punto la nostra strategia di sviluppo. Poi, per fortuna, sono arrivati i fondi: grazie al PNRR abbiamo finalmente individuato la nostra sede futura, Palazzo Tabarca. Un palazzo storico nel cuore del porto, che verrà restaurato e ospiterà attrezzature d’avanguardia per la formazione marittima. L’allestimento dei nuovi laboratori, ma soprattutto l’acquisto di simulatori di ultima generazione realizzati da Cetena, Centro per gli Studi di Tecnica Navale del gruppo Fincantieri, saranno coperti da fondi PNRR. Oltre, ovviamente, al finanziamento di nuovi corsi e borse di studio, per un totale di circa 40 milioni di euro. Una cifra importante, che dimostra un investimento strategico per la città.”

Perché ritiene importante avere un’unica sede “all’interno” del porto di Genova?

Il nostro obiettivo è quello di diventare un hub internazionale della formazione marittima: la location sarà dentro al porto, di fianco alla facoltà di economia marittima, all’istituto nautico, e in futuro accanto al nuovo Istituto Idrografico della Marina che sorgerà a Ponte Parodi. Abbiamo l’ambizione di spostare l’asse della formazione marittima dal nord al sud dell’Europa, per guardare al Mediterraneo e all’Africa. Sarà un centro di formazione pubblico, è bene sottolinearlo, davvero al servizio degli allievi. Ma non solo: le tecnologie d’avanguardia saranno al servizio della formazione per tutti i soggetti che gravitano intorno al porto: costruttori, piloti, rimorchiatori, autorità portuale, ecc. Allo stato attuale non abbiamo i simulatori adeguati e, per forza di cose, il personale deve andare a formarsi al nord. Grazie ai nuovi simulatori diventeremo un hub pubblico di sviluppo portuale, i nostri allievi potranno partecipare a operazioni che diversamente non potrebbero fare e formarsi nelle ultime frontiere della mobilità marittima. Penso, ad esempio, alle energie alternative o alla digitalizzazione.

Volete spostare il baricentro della formazione marittima a Sud e diventare un punto di riferimento internazionale. Come si muove l’accademia dal punto di vista degli accordi internazionali?

“Noi procediamo con accordi bilaterali con accademie omologhe. Lo abbiamo già fatto con il Marocco, lo faremo con la Tunisia, ma anche con la Nigeria. La nostra idea è quella di consentire una formazione di alto livello ad allievi dall’estero che difficilmente trovano imbarco proprio per mancanza di formazione, così che possano poi “importare” le competenze necessarie nei paesi d’origine. D’altra parte occorre sfatare alcuni pregiudizi: molti paesi, come quelli citati, possiedono centri di sviluppo importanti e tradizioni marinaresche radicate: conoscere queste realtà ci consente anche di capire il nostro posto nel mondo. Uno degli accordi sicuramente più importanti è stato quello con l’Istituto BCA GIME di Atene: tramite questo programma i nostri allievi possono ottenere il riconoscimento di Bachelor (Laurea triennale, ndr) in uno dei college più prestigiosi al mondo. La Grecia d’altra parte è l’altra grande marineria del mediterraneo, e insieme possiamo ragionare su politiche e sviluppi comuni.”

Viviamo un momento di grande incertezza, tra venti di guerra e una navigazione sempre più pericolosa. Perché un giovane deve affacciarsi alla carriera del mare?

“La carriera del mare comporta molti sacrifici, è inutile negarlo. Per fare questa scelta è necessario avere una vocazione, a prescindere dalle dinamiche attuali è un mestiere che richiede dedizione e, appunto, spirito di sacrificio. Con la crisi attuale nel Mar Rosso, poi, si aggiunge un innegabile fattore di rischio. In questi mesi ci hanno chiamato tanti genitori, ma rassicurarli è impossibile perché neanche noi sappiamo cosa succederà. Per questo abbiamo capito che uno dei nostri obiettivi per il futuro sarà offrire nei nostri percorsi di formazione anche l’approfondimento della politica internazionale e della geopolitica. Non solo perché vogliamo formare dei cittadini consapevoli, ma anche di fornire strumenti per fare valutazioni necessarie in questo mondo in continuo mutamento. I ragazzi hanno il diritto e il dovere di avere contezza di queste situazioni e di comprendere le dinamiche che muovono i sistemi economici.”

L’Accademia guarda ai mutamenti in corso e alle nuove esigenze del mercato, quindi. Può farci qualche esempio?

“Da sempre cerchiamo di osservare attentamente i bisogni emergenti, di studiare i cambiamenti per capire dove va il mondo e quali sono le nuove esigenze formative. Per fare un esempio, abbiamo costruito la figura del facility manager per la crocieristica, con competenze specifiche per le nuove navi: i neoassunti per questa posizione hanno uno stipendio che oscilla fra i sette e gli ottomila euro, a dimostrazione che la carriera del mare è molto appetibile. Un altro ambito su cui abbiamo investito è quello della digitalizzazione del porto: due anni fa abbiamo creato il percorso di formazione per il Tecnico superiore per la gestione dei processi di automazione portuale, una figura dalle competenze trasversali, dalla robotica all’Intelligenza Artificiale. Sempre con tassi di occupazione che rasentano il 100%.”

Quali sono le prossime frontiere?

“Agiremo su tre nuovi campi: la mobilità urbana, attraverso una partnership già avviata con AMT, per capire i bisogni delle aziende di trasporto pubblico. Apriremo poi un percorso formativo per Environmental Officer, un esperto di bordo che gestisce i processi legati all’inquinamento. Da ultimo, avrà inizio anche il corso per Energy Manager, un ufficiale dedicato alle nuove competenze nel campo dell’energia. Su questo punto abbiamo fatto delle scommesse di investimento nel campo della simulazione: abbiamo acquistato un simulatore per lo stoccaggio dell’anidride carbonica, ma anche simulatori di macchina a metanolo e degli impianti per la potabilizzazione dell’acqua.

In poche parole, rischiamo tanto e scommettiamo su acquisti anche incauti, ma siamo fiduciosi di acquisire ciò che ci serve per il futuro. Questo è anche grazie al lavoro di tutta la squadra, ricca di giovani, con la quale ci confrontiamo continuamente per definire le strategie vincenti. Finora abbiamo avuto successo, e non senza difficoltà. Gestire un ente di questo genere non è semplice: i ritardi nell’erogazione dei fondi pubblici ci espongono a rischi, ma ci salva il fatto di essere una fondazione solida. Insomma, è una lotta costante, ma noi la facciamo col sorriso.”


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